Il campione olimpico Angelo Parisi: «Qui al Tre Torri c’è il vero Judo»

Angelo Parisi, oro olimpico a Mosca 1980, uno dei più grandi atleti olimpici di sempre, ospite del Judo Summer Camp, è stato intervistato dal nostro addetto stampa Marco Ribechi e ci ha parlato dei suoi inizi nel mondo del Judo, della famiglia e dei suoi risultati in ambito sportivo. Un’intervista da leggere tutta d’un fiato!

Come e dove ha conosciuto il judo?

Sono figlio di emigranti, all’età di 4 anni sono arrivato a Londra. Venivo da una famiglia modesta, mio padre vendeva il gelato e io fin da piccolo lavoravo con lui ed ero destinato a continuare in quel campo. Ero un grande appassionato di sport, facevo lancio del peso, rugby, nuoto. Nel 1964 avevo visto le olimpiadi vinte dal grande Anton Geesink, era la prima volta che il Giappone perdeva l’oro. Questo era tutto quello che sapevo del judo. Poi poco prima dei 15 anni dovevo scegliere uno sport da praticare a scuola, in Inghilterra si facevano 15 ore di ginnastica la settimana. Per curiosità scelsi il judo e il mio maestro di allora, padre di un campione, mi fece subito capire che il judo poteva essere molto importante per la mia vita. Allora ero l’unico allievo della scuola.

Quando ha compreso di essere un talento naturale?

Subito. Dopo soli due mesi il mio Maestro mi fece partecipare a una gara a Londra e ho battuto tutti per Ippon (la tecnica perfetta del judo che sancisce la vittoria, ndr). Entrai così nel Budokwai, la più antica scuola d’Europa che tra poco compirà 100 anni. Qui c’era la selezione nazionale e i campioni del paese. All’inizio ricordo che mi massacrarono per circa un mese tanto che stavo quasi per smettere a causa dei tanti colpi ricevuti. Penso furono circa 150 ippon al giorno. Allora lavoravo anche e mi allenavo solo una volta la settimana. In me invece che abbandonare scattò una molla e il desiderio di vendicarmi. Dopo sei mesi, a poco più di 15 anni, battevo tutti gli atleti della nazionale inglese. Dicevano che non ero normale e così mi assegnarono la cintura nera dopo solo 9 mesi di pratica grazie a una gara in cui feci 10 ippon a dieci atleti diversi in meno di 10 minuti.

La sua famiglia come viveva questa passione?

Mio padre non voleva assolutamente che continuassi, la vedeva come una perdita di tempo, per lui dovevo vendere i gelati. Io mi allenavo anche scaricando gli ingredienti. A 15 anni ero talmente forte che potevo caricarmi sulle spalle anche 100 chili di farina e trasportarli per 50 metri, dal camion al magazzino. Lo facevo quasi ogni giorno.

Cosa le piaceva del judo?

Era una attività in cui tutto era nelle mie mani. All’inizio lo alternavo con il rugby dove potevo avere una carriera ma mi dispiaceva perdere le partite perché i miei compagni non si allenavano mentre io davo il 100% sempre. Nel judo la responsabilità era solo mia. Poi ero portato e mi piaceva vincere ma soprattutto mi piaceva mostrare il mio judo perché non mi sentivo mai migliore degli altri. Il judo è la mia vita.

Dopo un bronzo a Monaco con l’Inghilterra ha conquistato anche un oro e un argento con la Francia, come mai il cambio di nazionale?

Il bronzo vinto a Monaco poteva essere un oro se mi avessero fatto gareggiare nella mia categoria invece che negli open dove ero uno dei più leggeri. Questa cosa non mi è mai piaciuta perché potevo essere oro già nel 1972. Nel 1974 ho conosciuto mia moglie in Francia e dopo un anno mi sono trasferito perché a lei non piaceva l’Inghilterra. In Francia il judo è importantissimo, quasi ogni famiglia ha almeno un praticante. Nel 1980 a Mosca ero molto preparato, pesavo 105 chili e per sei mesi mi ero allenato 2 volte al giorno. Avevo 27 anni ed ero veramente molto forte. Poi nel 1984 a Los Angeles ho preso un argento che poteva essere un oro, ho incontrato Saito, un grandissimo campione giapponese. La tecnica più forte l’avevo mostrata io ma in un episodio avevo toccato a terra con una mano e un ginocchio e gli arbitri assegnarono la vittoria a lui, eravamo comunque entrambi dei grandi campioni.

Cosa pensa del Tre Torri del Maestro Corrado Croceri?

Avevo già incontrato Croceri altre volte ma non ci eravamo mai conosciuti bene. Mi ha chiesto di venire e io ho accettato perché mi piace sempre fare judo. E’ uno stage internazionale che mi piace molto, qui c’è il vero judo, quello per tutti. Inoltre si cerca di progredire provando tutte le tecniche per apprendere non per ottenere solo risultati sportivi.

Grazie Angelo, è un piacere averti con noi.

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